di Andrea Piersanti
Enrico Letta ha fatto cambiare idea a Deborah Bergamini, direttore marketing della Rai. La sua prefazione del "Manuale del marketing tv" curato da Carlo Nardello e Carlo Alberto Pratesi (sesto volume della collana "Zone" diretta dalla Bergamini) era stata già spedita in tipografia. Poi, insieme con Nardello, la Bergamini è andata a "VeDrò", il convegno per giovani manager organizzato ogni anno da Letta. Ne sono rimasti entrambi impressionati.
Enrico Letta ha fatto cambiare idea a Deborah Bergamini, direttore marketing della Rai. La sua prefazione del "Manuale del marketing tv" curato da Carlo Nardello e Carlo Alberto Pratesi (sesto volume della collana "Zone" diretta dalla Bergamini) era stata già spedita in tipografia. Poi, insieme con Nardello, la Bergamini è andata a "VeDrò", il convegno per giovani manager organizzato ogni anno da Letta. Ne sono rimasti entrambi impressionati.
"C'è una voglia di futuro che è reale e tangibile – hanno detto agli amici -. A VeDrò l'abbiamo percepita concretamente. Ma c'è anche una difficoltà di sistema. Come manager tv non possiamo far finta di niente". Detto fatto, la Bergamini ha mandato in tipografia un testo completamente nuovo.
"Stiamo perdendo la capacità di guardare avanti, di intendere il futuro come una prospettiva – si legge nella sua nuova prefazione del libro che è stato presentato la scorsa settimana in Rai alla presenza di Giancarlo Leone e di Claudio Cappon -. E questo non sta accadendo solo a livello individuale o sociale, ma anche nell'ambito dei media, e più specificamente della televisione. Noi manager tv lamentiamo un forte calo di creatività, di propensione al rischio, ci guardiamo attorno in cerca di idee qualificanti. E intanto ci accontentiamo di riprodurre il presente pervasivo nel quale sembriamo tutti impigliati: la tv assomiglia sempre di più ad un reality senza fine. Capiamo tutti che così non può andare".
Nella settimana in cui il destino del CdA della Rai sembra essere appeso al filo dei voti che Mastella dispone in Commissione di Vigilanza, le parole della Bergamini aprono a suggestioni inedite.
"Il servizio pubblico – scrive - porta su di sé la responsabilità di riflettere e decriptare l'evoluzione della società, che mi sembra oggi ad un bivio fondamentale: la ricostituzione di una nuova società oligarchica, ancor più divaricata fra ricchezza e povertà, in cui il criterio sociale è quello della cooptazione e della conservazione, o una società "demodinamica", cosi come definita da Pierre Lévy, una società che abbia come suo fondamento non più il potere ma il potenziale. Quindi una società per definizione inclusiva. Il servizio pubblico radiotelevisivo, per sua natura, deve essere parte sostanziale della seconda opzione".
Per riuscirci, scrive la Bergamini, la Rai "deve accettare che il senso di una società inclusiva, basata sul potenziale anziché sul potere, si fonda necessariamente sullo sviluppo dell'intelligenza individuale e collettiva, sulla chiamata a responsabilità del singolo prima di tutto verso se stesso e poi verso la società. Esiste un denominatore comune: l'uomo. Credo che l'uomo sia la fonte da cui bisogna scavare per risolvere tutti quei problemi che la vita ci dà come gioco di intelligenza, ma che se non risolti non possono che determinare una regressione di massa E qui la televisione pubblica può davvero trovare un ruolo primario da giocare: riabituare il cittadino ad una cultura umanista della vita che lo veda come protagonista responsabile della società. Libero dai luoghi comuni codificati dai media".