venerdì 30 novembre 2007

Un'intervista de "Il Corriere della Sera"


Come va, Deborah Bergamini?

«Va che una mattina ti svegli e scopri da un giornale di essere stata intercettata. Per giorni, settimane, mesi? Pezzi della tua vita personale e di lavoro girano per le redazioni.... Non sono più la stessa persona di una settimana fa. Mettere una vita in piazza non è dignitoso per nessuno. Nè per chi lo fa. Nè per chi è titolare di quella vita»

Lei ha ricevuto una «dispensa dall’attività lavorativa».

«Sì. E chiedo di sapere su quale base. Io non ho capito la ragione. Ho visto fretta. E, appunto, emotività nel giungere a una conclusione. Che era poi questa».

Dicono che lei non abbia collaborato con il Comitato etico incaricato di ascoltarla giorni fa. Avrebbe fatto scena muta.

«Non è così. Non ho nulla da nascondere. Visto che siamo in un Paese civile, ho chiesto di poter rispondere sulla base delle trascrizioni originali e non su un recoconto giornalistico che parte da un teorema. Non credo sia giusto giudicare una persona su quelle basi. O è pretendere troppo? Ho chiesto alla Procura di Milano di avere i testi che mi riguardano».

Ma quelle trascrizioni descrivono un asse Rai-Mediaset ben chiaro. Che ruota intorno a un perno: Silvio Berlusconi.

«Intanto sono brogliacci e non trascrizioni. Non c’è alcun "inciucio" o asse Rai-Mediaset. Abbiamo combattuto una battaglia sanguinosa per gli ascolti. I dati parlano da soli. la Rai ha vinto otto periodi consecutivi di garanzia. Altro che inciucio. Il resto sono solo parole»

Ma lei ha sentito o no spesso Mauro Crippa di Mediaset nelle ore della morte di Giovanni Paolo II e delle elezioni dell’aprile 2005 È vero che i palinsesti venivano modificati «insieme», che tutto doveva «tornare utile» a Berlusconi?

«No. Non è vero. L’aspetto più assurdo è che tutto nasca dalla sintesi giornalistica di una sintesi di un brogliaccio... Proprio per tutelare la mia dignità e l’azienda credo che sia importante acquisire la documentazione originale. Ho sentito Crippa? Sì. Come ho fatto in tutti questi anni con i dirigenti Sky, della 7, della BBC, di France Télévision, della Tv spagnola... Preoccupazioni per Berlusconi? In cinque anni di lavoro alla Rai mi sono preoccupata solo dell’azienda, dei suoi risultati, delle vittorie. La morte del Papa e quelle elezioni furono due eventi straordinari che si sovrapposero. I palinesti furono stravolti. Chissà quante telefonate furono scambiate in quei giorni. Parlo con chiunque, se è necessario al mio lavoro».

Avete «ritardato» dati elettorali «scomodi» per Berlusconi?

«Non è così, non è così. E i documenti di cui l’azienda dispone lo confermano».

Lei è stata assistente personale di Berlusconi. È un fatto.

«Sì. Ed è una colpa, un peccato originale? No. Ho lavorato anche per Bloomberg. Mi dovrei vergognare anche di quell’esperienza?»

Non negherà che in Italia esiste il conflitto di interessi.

«Perchè lo domanda proprio a me? Io in questi cinque anni ho lavorato per una sola azienda: la Rai».

E le telefonate tra Del Noce, Rossella, Mimun...

«Rispondere anche degli altri? Questo mi pare troppo, scusi».

Deborah Bergamini, la plenipotenziaria del Cavaliere in Rai.

«Lo hanno detto, lo so. Ma chi ha collaborato con me sa quanto io abbia lavorato seriamente e duramente per la Rai».

Delusa dal comportamento della Rai?

«Non mi sono sentita difesa dall’azienda. Il presidente Petruccioli ha detto in assemblea all’Usigra: "Ora, rispetto al passato, non ci sono più zone d’ombra impenetrabili". Ma a cosa si riferiva?»

Ha avuto solidarietà all’interno della Rai?

«Molta, sul piano personale. Mi sarebbe piaciuto qualche gesto pubblico in più».

Ma perchè ha aperto un blog on line sul suo caso (www.deborahbergamini.it)?

«Perchè non ho nulla da nascondere. Ho pensato che fosse una buona occasione per capire. C’è uno spazio aperto per dibattere. Serve a me. Serve agli altri».Marco Follini, neo-responsabile della Comunicazione del Pd, ha detto: Deborah Bergamini regista dell’inciucio Rai-Mediaset? Mi sembra più una fiction che un reality«Forse, se ci si prende il tempo di rfilettere, le valutazioni diventano più serene...»

Paolo Conti

L'intervista su "Il corriere della sera"

mercoledì 28 novembre 2007

Le marchette della Rai

di VittorioFeltri

In Italia si va a ondate, anche di quella roba lì. Prima l'ondata che il governo va giù con una spallata di Berlusconi e invece sta su, poi l'ondata che il Cavaliere fonda un partito nuovo e manda a ramengo gli alleati, infine l'ondata che la Rai e Mediaset hanno fatto comunella, e la Repubblica se ne accorge e pubblica delle intercettazioni telefoniche: la prova che i giornalisti e i dirigenti della rete privata e di quella semipubblica si parlano. Sai che notizia. Vi rivelo un segreto: anch'io ho chiacchierato al cellulare addirittura con Bruno Vespa. Giuro. E anche con Gianni Riotta. Perfino con Mimun. Una volta mi sono spinto a Pier Silvio Berlusconi: abbiamo discettato di Range Rover. Se mi avessero intercettato figurerei come un ricettatore di "fuoristrada", noti come Suv. Non bastasse tutto ciò, arriva Celentano che fa una marchetta ributtante in favore di Prodi del quale canta le laudi senza vergogna. Quando Adriano ogni biennio appare in video lo inonda di saliva per ingraziarsi la sinistra, la quale lo ricambia con scrosci di applausi e trasformandolo in santino cattocomunista. Nove milioni di telespettatori inchiodati al teleschermo per verificare cosa dirà il vate di via Gluck. Ma cosa volete che dica? Le solite scemenze ecologiche, i soliti luoghi comuni da sezioni Arci e Acli, il cemento è brutto e l'erba è bella, il nucleare fa la bua al pianeta, l'aria buona (...) (...) è migliore di quella cattiva. E naturalmente Romano Prodi è una brava persona. Tutte queste melensaggini non fanno scandalo. Vuoi mettere le conversazioni di Deborah Bergamini con qualche amico di Canale 5? Adesso ce l'hanno con lei che, tra l'altro, è una bella ragazza alta e sa i casi suoi: eppure rischia di pagare per tutti. Assurdo. Non ha colpe. Non c'è verso di placare le ire progressiste. I compagni sono persuasi che ci fosse un complotto per danneggiare l'Unione e aiutare la Casa delle libertà. Immaginarsi. Lo stesso presidente della Rai, Petruccioli, ha detto che la sua azienda «è stata spesso violentata, e non da uno solo; però non è puttana». Puttana forse è troppo, ma pronta a darsi senz'altro, soprattutto a chi ha più potere. Basti pensare che l'ex monopolio è sempre stato governato dalla politica ed è pieno di raccomandati, di gente pagata per grattarsi, trombettieri e tifosi di Celentano. Quando il Cavaliere era a Palazzo Chigi, ogni giorno l'Osservatorio di Pavia lanciava un comunicato: eccessivo spazio alla destra, poco alla sinistra. Da un anno e mezzo l'Osservatorio tace. Sparito. Non fornisce un dato, un numerino, una statistica. Per scoprire come stiano le cose sotto il centrosinistra s'è dovuto attendere una inchiesta di Italia Oggi, quotidiano diretto dall'ottimo Franco Bechis. Dalla quale si evince che il nuovo telegiornale, per altro ben fatto da Gianni Riotta, già vicedirettore del Corriere della Sera, fatalmente riserva al premier il doppio dello spazio che Mimun riservava a Berlusconi. Lungi da me l'idea di criticare Riotta. Sono del parere che i minuti regalati a un personaggio della politica dipendano da una somma di motivi, quasi sempre giornalistici; e che un direttore debba essere libero di scegliere non solo gli argomenti da trattare e i leader su cui soffermarsi, ma anche la cosiddetta tempistica. Ciò che stupisce semmai è che la sinistra si stracci le vesti se va in onda Silvio e consideri fisiologico se va in onda Romano. Due pesi e due misure paradigmatici della malafede di certa politica, incline a gridare allo scandalo per la pagliuzza degli avversari e a perdonarsi per le proprie travi.


L'editoriale di Feltri

E la tv torna immacolata

di Maria Giovanna Maglie

Non sarà che fra una dichiarazione indignata e l'altra sulle intercettazioni telefoniche, un'inchiesta dell'Ordine e una di Calabrò, un Cappon che tuona e un articolo 21 che si torce le budella, non sarà che finisce con il solito strausato capro espiatorio, ovvero che l'unica da allontanare per sanare il male e restituirci la Rai più linda e monda che pria, risponderà al nome di Deborah Bergamini? In fondo è l'ultima arrivata, non fa parte in alcun modo del teleclan, fatto di persone che si sostengono odiandosi da tempo immemorabile, e pure femmina è, nonché ex segretaria, parola che ogni concetto malevolo può evocare, del Cav.
Basta guardare il curriculum vitae di Deborah Bergamini per capire che in Rai non sarebbe mai entrata per meriti, ma solo grazie a una spinta potentissima. Laureata in Lettere e Filosofia presso l'Università di Firenze, ha conseguito un Diploma Post-Laurea in «American Studies» presso lo Smith College di Northampton, Massachusetts, Usa, focalizzato sul Marketing Politico. Giornalista professionista dal 1999, lavora nella redazione televisiva internazionale di Bloomberg a Londra dal 1997 al 1999 come giornalista e anchor, sia per il canale in lingua inglese che per il canale in lingua italiana. Precedentemente, lavora a Parigi in qualità di caporedattore per l'editore internazionale Analyses et Synthèses, specializzato in pubblicazioni del settore finanziario e bancario. Dal 1999 al 2002 sta nello staff di Silvio Berlusconi e segue le campagne elettorali amministrative e politiche del 2000 e del 2001. Parla correntemente inglese, francese e spagnolo. Nel 2002 viene assunta in Rai, prima come vice, poi direttore del marketing. Tutto qui, capito? Noi sappiamo che tre lingue in Rai è il requisito minimo, sui dottorati Usa ci sputano sopra, i piani aziendali si fanno ad Arcore, anche con Prodi al governo.
In realtà il ridicolo ha circondato lo «scoop benedettino» di Repubblica dal primo momento. Loro hanno scritto che, tra una telefonata di Mimun a Rossella, una della Bergamini a Mauro Crippa, proliferava «la centrale unificata di un'informazione omologata e addomesticata, al servizio cieco e totale del berlusconismo al potere». L'ex direttore generale Pier Luigi Celli gli ha risposto che così si faceva anche ai tempi suoi, Walter Veltroni pure ha detto: «Considero la vicenda Rai gravissima (...) ma non c'è sempre il complotto, le cose vanno come vanno». Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica, non proprio Cuor di Leone, ma pur sempre garante della nostra libertà individuale, ha ricordato che «le intercettazioni sarebbe bene che restassero dove devono restare, almeno fino a che c'è il segreto istruttorio».
È tutto ridicolo, soprattutto quando i rivelatori di queste intercettazioni pensano di farci credere che alla Rai di oggi i direttori nominati dall'Ulivo non parlano di palinsesti e di notizie del telegiornale, se riguardano le notizie «sensibili», per Prodi e il suo governo. Tuttavia, qualcuno potrebbe rimetterci il lavoro. Io non ci sto.

Il commento della Maglie

domenica 25 novembre 2007

Il tempo che passa. Scontro fra generazioni per il telecomando




di Andrea Piersanti

C'è uno scontro fra generazioni nella tv italiana. Il pubblico televisivo è invecchiato ma il telecomando è usato anche dai bambini e dagli adulti. A coniugare gusti e scelte così differenti interviene la tecnologia. Accanto alla tv generalista (Rai e Mediaset), si registra lo sviluppo del satellite di Sky e le offerte dei nuovi media, come Internet e la tv sui telefonini.
I numeri dell'Auditel però ci dicono che le fiction tv, pensate e scritte per un pubblico maturo, mantengono un primato impressionante in Italia. Ogni anno Rai e Mediaset spendono più di cinquecento milioni di Euro per la fiction. Lo Stato, per il cinema italiano, ne spende non più di cento. Al pubblico in pantofole, le fiction tv raccontano storie rassicuranti sull'Italia di provincia e sul nostro passato recente.
Quasi cinque milioni di italiani, intanto, hanno scelto però un'altra tv, quella satellitare. Molti lo hanno fatto per le partite di calcio. Ma, fra un goal e l'altro, hanno scoperto un'offerta inedita, quella dei telefilm americani. Da "Doctor House" a "Lost", da "Csi" a "Desperate Housewives". I contenuti sono molto diversi da quelli delle fiction italiane. Pragmatismo empirico e relativismo etico e culturale caratterizzano la maggior parte di questi prodotti di Hollywood.
Fra questi due schieramenti si pone, come terzo incomodo, la programmazione de "La Sette", un prototipo di "smart tv" (tv intelligente) con approfondimenti giornalistici e l'unico programma nazionale gratuito dedicato specificatamente ai documentari ("La 25ma ora" di Elisabetta Arnaboldi).
Nelle famiglie, però, sono i bambini a comandare. In questi ultimi due anni è esploso un prodotto d'animazione tutto italiano, le "Winx" (ora anche al cinema). Educativo e rispettoso (il male si vince solo se uniti), il cartone è adorato dalle bambine.
All'appello mancano gli adolescenti. In Italia come negli Usa, dai 15 ai 25 anni si usa solo Internet. Per vedere cosa? "YouTube", per esempio, il sito con i video autoprodotti dagli adolescenti di tutto il mondo diventato famoso per le sequenze sul bullismo scolastico. Intanto il mito degli ex adolescenti, "Mtv", la tv musicale, sta invecchiando rapidamente e ha aperto un canale pensato per la mezza età con i videoclip degli anni Ottanta. Come passa il tempo, anche in tv.

giovedì 1 novembre 2007