lunedì 28 febbraio 2011

The Lost Thing - Oscar come migliore corto d'animazione

INSIDE JOB - Oscar come migliore documentario

God of Love - Oscar come migliore corto

Strangers No More - Oscar come migliore documentario corto

domenica 27 febbraio 2011

"Black Swan", ecco cosa abbiamo capito

True Grit

E il celibato sfida il mondo




















Il celibato dei sacerdoti è il tema di uno scontro culturale epocale molto acceso che sta animando le riflessioni più profonde e strategiche della Chiesa Mondiale. I giornali, in Italia e nel mondo, nella maggior parte dei casi, però non hanno capito la portata storica della partita in corso e preferiscono speculare sulle posizioni politiche pro o contro Berlusconi dei vescovi italiani o su quelle che vengono millantate come debolezze o contraddizioni dell’attuale pontificato. Pedofilia, scandali sessuali, intemperanze private sono sempre sullo sfondo di queste interpretazioni giornalistiche. “Tutto questo accade perché il nostro celibato sfida il mondo, mettendo in profonda crisi il suo secolarismo ed il suo agnosticismo e gridando, nei secoli, che Dio c’è ed è presente!”, sospira il Cardinale Mauro Piacenza, Prefetto della Congregazione per il Clero. Proprio in questi giorni, mentre in Francia, ad Ars, si svolgeva un convegno su «Il celibato sacerdotale, fondamenti, gioie, sfide» (24 - 26 gennaio), è partita dalla Germania la notizia che Benedetto XVI, nel 1970, fece parte di un comitato di nove teologi incaricati dalla Conferenza Episcopale tedesca di esaminare il tema della crisi delle vocazioni. Il documento redatto 41 anni fa e firmato, fra gli altri, anche dal giovane Ratzinger, suggeriva ai Vescovi tedeschi di chiedere a Paolo VI di rivedere il tema del celibato dei sacerdoti. “Solitudine” e “mancanza di identità del proprio ruolo nella società moderna” sono, secondo quel documento, i rischi che corre il sacerdote costretto al celibato. La notizia è stata molto strillata in Germania, da sempre in fibrillazione “antiromana” sul tema del celibato, nell’ennesimo tentativo di delegittimare il Papa. “In un mondo gravemente secolarizzato, è sempre più difficile comprendere le ragioni del celibato”, spiega il Cardinale Piacenza, incaricato proprio da Benedetto XVI di presiedere la Congregazione del Clero in un momento di grave tensione internazionale sul ruolo e l’immagine del sacerdote. “Dobbiamo avere il coraggio, come Chiesa, di domandarci se intendiamo rassegnarci ad una tale situazione, accettando come fatto ineluttabile la progressiva secolarizzazione delle società e delle culture, o se siamo pronti ad un’opera di profonda e reale nuova evangelizzazione, al servizio del Vangelo e, perciò, della verità dell’uomo – ha detto ai preti riuniti la scorsa settimana ad Ars -. Ritengo, in tal senso, che il motivato sostegno al celibato e la sua adeguata valorizzazione nella vita della Chiesa e del mondo, possano rappresentare alcune tra le vie più efficaci per superare la secolarizzazione”. Benedetto XVI, all’inizio del Suo Pontificato, nel 2006, nel Discorso in occasione dell’Udienza alla Curia Romana per la presentazione degli auguri natalizi, disse ai sacerdoti di tutto il mondo: “Il celibato deve essere una testimonianza di Fede: la Fede in Dio diventa concreta in quella forma di vita, che solo a partire da Dio ha un senso. Poggiare la vita su di Lui, rinunciando al matrimonio e alla famiglia, significa che io accolgo e sperimento Dio come realtà e perciò posso portarLo agli uomini”. Benedetto XVI, il prossimo 29 giugno, celebrerà il sessantesimo anniversario della sua ordinazione a sacerdote. Un ruolo che ha sempre vissuto con convinta partecipazione, come testimoniano le persone che gli sono state vicine in questi anni. Nel 2005, in occasione dell’ultima Via Crucis presieduta, seppure a distanza, da Giovanni Paolo II, fu proprio l’allora Cardinale Ratzinger a scrivere le meditazioni. Per la nona stazione, la terza caduta di Gesù, Ratzinger, facendo fare un salto sulla sedia a molte delle persone, laici o sacerdoti, che in quel momento seguivano la diretta tv, scrisse con sofferta ma lucida consapevolezza: “Ma non dobbiamo pensare anche a quanto Cristo debba soffrire nella sua stessa Chiesa? A quante volte si abusa del Santo Sacramento della Sua presenza, in quale vuoto e cattiveria del cuore spesso Egli entra! Quante volte celebriamo soltanto noi stessi senza neanche renderci conto di lui! Quante volte la sua Parola viene distorta e abusata! Quanta poca fede c’è in tante teorie, quante parole vuote! Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza!”. Quando, pochi mesi più tardi, venne eletto al Soglio di Pietro, Benedetto XVI si dedicò subito al tema che gli era più caro, il ruolo dei sacerdoti nella società moderna. Lo fece con notevole anticipo sui tempi giornalistici degli scandali sulla pedofilia. “Il celibato è questione di radicalismo evangelico! – spiega con forza il Cardinale Piacenza -. Povertà, castità ed obbedienza non sono consigli riservati in modo esclusivo ai religiosi, sono virtù da vivere con intensa passione missionaria. Non possiamo tradire i nostri giovani! Non possiamo abbassare il livello della formazione e, di fatto, della proposta di fede! Non possiamo tradire il popolo santo di Dio, che attende pastori santi, come il Curato d’Ars! Dobbiamo essere radicali nella sequela Christi! E non temiamo il calo del numero dei chierici. Il numero decresce quando si abbassa la temperatura della fede, perché le vocazioni sono “affare” divino e non umano, e seguono la logica divina che è stoltezza umana! Ci vuole fede!”.

Boris? Il Film.

mercoledì 2 febbraio 2011

La vera grinta


Film molto bello, di destra, intimamente e sfacciatamente repubblicano, “Il grinta” dei fratelli Coen ha già conquistato il pubblico Usa: 140 milioni di dollari di incasso ad oggi e dieci nomination agli Oscar, comprese quelle più importanti: miglior film, miglior regia, migliore attore, migliore sceneggiatura, e migliore attrice non protagonista per la splendida interpretazione della quattordicenne Hailee Steinfeld. “Il Grinta”, tratto dal romanzo “True Grit” di Charles Portis (pubblicato in Italia col titolo “Un uomo vero per Mattie Ross”), non ha molto in comune con l’omonimo film interpretato da John Wayne nel 1969. Jeff Bridges, al quale è stato affidato il ruolo del duro Rooster Cogburn che fu di John Wayne (Oscar nel 1970), ha raccontato che “quando i Coen mi dissero che volevano girare Il Grinta, gli ho detto ‘Gee, ma quel film non l’hanno già fatto, perché volete rifarlo?’ e loro mi hanno risposto ‘Non vogliamo fare un remake del film, faremo una nuova versione del romanzo di Charles Portis’. Allora ho letto il libro ed ho capito subito quello che intendevano, perché si trattava proprio di una storia perfetta per un film dei Coen. E visto che non avevano mai fatto un vero western prima, il film sarebbe stato una sorpresa”. “Il grinta” è molto più che una sorpresa: avvincente e avvolgente come un racconto intorno al fuoco, è forse una delle più convincenti e “most broadly entertaining” opere della filmografia dei Coen, come ha scritto anche il “Los Angeles Times”. “Il film non ha i toni dark di “Non è un paese per vecchi” – hanno spiegato i fratelli Coen – e non ci interessava il western con cowboy, cavalli e indiani. Quello che volevamo veramente affrontare è stato il libro di Charles Portis, che ci ha folgorato durante la lettura, dato che è la più completa storia di frontiera. Una sorta di ballata americana dal poetico e talvolta malinconico realismo”. È la storia di una ragazza, Mattie Ross, decisa a vendicare il padre assassinato con l’aiuto di un malandato tutore della legge di frontiera e di un onesto Texas Ranger. “La gente non riesce a credere che una ragazza possa avventurarsi nel bel mezzo del gelido inverno per vendicare la morte del padre, ma è veramente andata così”, si legge nel fulminante incipit del libro. Tutto è narrato in prima persona dalla stessa Mattie e il punto di vista della giovanissima adolescente in un mondo di uomini duri e pronti a tutto è la nota più accattivante del racconto. Un noto autore, George Pelecanos, in un intervista rilasciata nel 1996, spiegò che: “La voce di Mattie, ironica e sicura, è una delle grandi invenzioni della letteratura contemporanea. Io la colloco proprio accanto a quella di Huck Finn e la mia non è un’esagerazione”. Le parole “true grit” sono ormai sinonimo di quell’ostinazione e del coraggio che sorreggono una persona in circostanze complicate, due dei valori più tipici della tradizione americana. Il film si gioca intorno al contrasto fra la incrollabile determinazione di Mattie (“L’assassino di mio padre deve pagare per quello che ha fatto, niente è gratis a questo mondo, tranne la grazia di Dio”) e il supporto che dovrebbe fornirle il cinico e improbabile Rooster, “senza pietà, duro e la paura non entra nei suoi pensieri”, anche se ogni tanto “alza il gomito”, un personaggio che il Los Angeles Time ha definito “primitivo, paleolitico”. Accompagnati dal Texas Ranger LaBoeuf, interpretato da un Matt Damon molto bravo (dice di essersi ispirato a Tom Lee Jones), si imbarcano in un viaggio alla scoperta dell’etica dello spirito della frontiera. L’amicizia e il rispetto che alla fine i due uomini dimostreranno nei confronti della ragazza, dicono molte cose sul desiderio di purificazione della cultura americana. Rimane da chiedersi cosa muove gli Usa di Barack Obama e due autori come i Coen a spingersi oggi, dopo solo due anni di potere gestito dai democratici, verso il territorio mai completamente esplorato dei sentimenti intimi della pancia più schiettamente repubblicana dell’elettorato americano. E sarà divertente leggere le recensioni dei nostri critici più progressisti quando, il prossimo 18 febbraio, il film uscirà anche da noi, in Italia.