domenica 13 settembre 2009
Mostra tricolore
“Il cinema italiano ha brillato a Venezia ed è sorprendente che se ne
sia parlato tutto sommato così poco”. Andrea Piersanti, ex presidente
dell’Istituto Luce e dell’Ente dello Spettacolo, animatore del premio
“Astrei pro-life” del Family Festival e del Movimento per la Vita, in
predicato per andare a dirigere il nuovo festival del cinema religioso
inventato da Sgarbi a Salemi, traccia un bilancio della 66ma Mostra
del Cinema di Venezia. “Paradossalmente non è stata una mostra “rossa”
– ha detto Piersanti all’Adn Kronos -. Nonostante Chavez, Michael
Moore e i comizi di Placido sul ’68. Semmai è stato un festival
tricolore. Mai come quest’anno il cinema italiano ha sorpreso per
qualità e freschezza. Dal kolossal epico di Tornatore alle splendide
opere prime proposte da Rai Cinema. Una vera primavera del nostro
cinema. Sarebbe un peccato che non ci scappasse almeno un Leone”.
E la politica? “A Venezia si sono toccati i due estremi. Da una parte
il grande clamore intorno alla presenza di Chavez e ai proclami
antiberlusconiani di Michael Moore. Dall’altra il Consiglio d’Europa
che proprio qui a Venezia ha voluto invece presentare un concorso per
gli utenti di Youtube destinato a promuovere una nuova cultura di
rispetto per le donne e per dire basta alle violenze domestiche.
L’iniziativa ideata e promossa dall’On. Bergamini è la dimostrazione
che esiste uno spazio per la politica nel mondo del cinema a patto
però che la politica abbia la volontà e la determinazione per
stabilire una vera alleanza con cineasti e produttori in nome degli
interessi concreti delle persone. La pronta risposta che non solo la
direzione del cinema del Ministero, ma anche la Biennale, Cinecittà e
il Centro Sperimentale di Cinematografia hanno voluto dare all’invito
della Bergamini, dice molto della necessità di un nuovo patto fra
cultura e politica in nome della concretezza”.
Il cinema italiano? “Fantastico. Sono rimasto colpito in modo
particolare dalla proposta complessiva di Rai Cinema. Impressionante
per quantità e qualità. Rai Cinema ha portato a Venezia nuovi autori e
nuove idee. Basti pensare alla bellissima opera prima “Dieci inverni”.
Se ritenevamo che le giovani generazioni potessero essere raccontate
solo dalla cifra narrativa dei Muccino o dei Moccia, “Dieci inverni”
ci ha restituito il sorriso”.
E i valori? “Il premio Astrei è andato a “Lo spazio bianco” della
Comencini. Bellissimo. Un occasione inaspettata di dialogo fra laici e
cattolici sul tema della vita. Sono rimasto però colpito anche dal
coraggio del Luce che ha voluto portare qui a Venezia, fra gli altri,
un film come “Lourdes”. Laico e duro nei confronti della fede mariana
di milioni di persone in tutto il mondo. Ma interessante come analisi
del fenomeno sociologico e straordinario nella realizzazione
cinematografica”.
Il Leone? “Dovrebbe andare ad un italiano. È ovvio. Il mio preferito
rimane Tornatore. Un grandissimo regista in grado di competere con
Hollywood sul territorio non facile dei film ad alto budget con il
valore aggiunto della poesia e dell’impegno morale. Ma sarei felice
anche di un riconoscimento alla Buy. Fosse solo per premiare la
qualità del nuovo impegno di Rai Cinema”.
Il confronto con il resto del mondo? “Variety ha definito un
capolavoro il film di Guadagnino “Io sono l’amore” con Tilda Swinton.
È un segnale interessante. Rai Trade, che è ormai l’unico grande
distributore internazionale del cinema italiano, ha in catalogo pronti
per essere venduti a Cannes, Toronto, Santa Monica, Berlino, alcuni
film importanti di Venezia 66 ma anche alcuni documentari molto belli.
Come quello che Pappi Corsicato ha voluto dedicare ad Armando Testa e
che ha già vinto il Pasinetti come migliore documentario della Mostra.
I documentari sono stati l’altra grande novità di questa mostra. Il
presidente di Doc.It, l’associazione dei documentaristi indipendenti,
dice che la moltiplicazione dei documentari è il segnale di una brutta
crisi della società civile. Pochi soldi e molta voglia di raccontare
il disagio. Io non sono d’accordo. Una cinematografia che è in grado
di sviluppare una documentaristica di qualità è un’industria sana”.
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