di Andrea Piersanti
Se il popolo dei blogger non esistesse? Dopo la bufala di Second Life, potrebbe essere una notizia sulla quale riflettere.
Se il popolo dei blogger non esistesse? Dopo la bufala di Second Life, potrebbe essere una notizia sulla quale riflettere.
Aziende importanti hanno investito milioni di dollari di pubblicità nel mondo virtuale di Second Life prima di scoprire che era abitato solo da poche centinaia di avatar. Lo stesso potrebbe accadere per il mondo della democrazia della rete, quello dei blogger.
Deborah Bergamini, manager della Rai sospesa dal proprio lavoro in seguito alla pubblicazione di alcune sintesi di intercettazioni telefoniche, per comunicare con il mondo e con i giornali la settimana scorsa aveva scelto proprio il popolo dei blog. La sua prima uscita pubblica era stata ospitata da un convegno di www.tocqueville.it , la città dei liberi, un aggregatore di blogger di aerea di centrodestra. Il giorno dopo aveva aperto in rete il suo blog personale, http://www.deborahbergamini.it/. In pochi giorni su questo sito è stato registrato un traffico di contatti da grande evento. Più di settantamila pagine viste e molti commenti pubblicati, forse duecento.
Tanti, forse, ma comunque molto meno dei visitatori che, per curiosità, avevano fatto impennare le statistiche della visibilità. Poco più di duecento commenti a fronte di circa sessantamila visitatori unici. È inevitabile dirsi che forse c'è qualcosa che non va.
Si è molto parlato della rivoluzione democratica della rete. Controinformazione, democrazia diretta, dare voce alla maggioranza silenziosa. Sono queste le parole d'ordine che sono rimbalzate sui giornali a fianco delle cronache di fenomeni come quelli delle performance di Beppe Grillo.
Ma, a vedere da dentro la vicenda del blog della Bergamini, si scopre un mondo inaspettato. Il popolo dei blogger, in realtà, è virtuale come quello di Second Life. Sono ancora pochi, pochissimi, gli italiani che usano questo spazio del web 2.0 per esprimere le proprie opinioni. Gli animatori dei dibattiti sono sempre gli stessi. Trenta, forse cinquanta o anche cento (ma non di più) accaniti grafomani che vagano per la rete commentando di tutto. In gergo vengono definiti "troll". Alcuni ormai sono famosi, hanno una loro classifica di popolarità, misurata sul numero dei commenti ricevuti e sul traffico di pagine viste sui propri blog. Numeri piccoli comunque. Al massimo qualche migliaia di pagine viste al giorno e non più di qualche decina di commenti.
Anche i blogger più protetti, i giornalisti dei grandi mezzi di informazione, "postano" articoli che non riescono mai a suscitare più di qualche decina di commenti. Insomma i numeri sono deludenti e anche la qualità lascia a desiderare. Prevalgono narcisismo, anonimato, volgarità. I nickname impazzano e i blogger ci tengono a difendere la loro privacy. Dal chiuso delle loro stanze o dei loro uffici, spediscono commenti al curaro non firmati, virtuali quindi.
Un vero proprio nuovo conformismo culturale animato da una certa superficialità e da una diffusa irresponsabilità. Altro che democrazia diretta. Siamo tornati alle lettere anonime foderate da un po' di tecnologia. Niente di più.
Dopo aver letto attentamente i commenti ricevuti, anche Deborah Bergamini alla fine si è fermata a riflettere e, per il momento, ha congelato il suo blog. "Mi interessa capire in quale Paese ognuno di noi vivrà nei prossimi anni. Così questo blog potrà acquistare un significato che vada oltre l'emotività del momento", aveva postato il 3 dicembre. “Adesso mi sembra di capire – ha confidato agli amici più stretti – che invece sia proprio l’emotività ad animare questi dibattiti virtuali”.
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