venerdì 3 agosto 2007

Professione incompreso




di Andrea Piersanti

Di professione incompreso, Michelangelo Antonioni oggi, nel giorno del suo funerale, è ricordato con l'affetto e le parole di circostanza che si riservano ai maestri. Ma, negli ultimi anni di vita, le cose non erano state facili.
Ne sa qualcosa la moglie Enrica. Chissà a cosa pensa in queste ore. Forse sente di nuovo i fischi che vennero riservati al marito in occasione della proiezione al Lido, nel 1994, del suo film "Al di là delle nuvole". Dopo l'ictus che lo aveva colpito agli inizi degli anni '80, era stato l'amico Wim Wenders ad aiutarlo a tornare dietro la macchina da presa per realizzare un autentico capolavoro. Un film, "Al di là delle nuvole", dove si parla con rispetto e tenerezza anche della vocazione religiosa di una ragazza che resiste alla tentazione di un momento per mantenere il suo voto di fedeltà al Signore.
I critici cinematografici italiani sono così. Superficiali e duri di comprendonio. Antonioni, a Venezia nel '94, venne stroncato senza pietà. Tanto duramente da indurre un altro amico, Bernardo Bertolucci, a prendere carta e penna per difenderlo dall'ondata di stupidità generale che sembrava aver colto la stampa italiana.
Antonioni, prima di girare "Al di là delle nuvole", aveva deciso di sposarsi con rito religioso. Nella cappella privata della chiesa del "Preziosissimo sangue" al Fleming, a pochi passi dalla sua abitazione, si era unito nel sacro vincolo con Enrica. Lo aveva fatto senza clamore, evitando accuratamente l'attenzione dei media. Antonioni ha poi ingannato il tempo dipingendo coloratissimi quadri, con l'unica mano che l'ictus gli aveva risparmiato.
Una mano, splendidamente segnata dall'età, che sarà la protagonista del suo ultimo film, il documentario "Lo sguardo di Michelangelo" prodotto da Lottomatica e da Istituto Luce sulla base di una determinata intuizione di Roberta Lubich. La mano di Antonioni, nel breve film di poco più 15 minuti, esplora le pieghe di marmo del Mosè di Michelangelo, la statua conservata a Roma nella chiesa di San Pietro in Vincoli. Un documentario dove Antonioni, su consiglio affettuoso della moglie Enrica, accetta, per la prima volta, di recitare davanti alla macchina da presa. Quasi un addio, un testamento spirituale si direbbe con retorica.
La sua mano accarezza dolcemente il marmo freddo della morte che l'arte divina del genio ha reso immortale. Un film dove Antonioni sembra voler gettare il suo "sguardo" verso quella pace infinita che aspetta tutti noi.
Anche in quel caso la stampa italiana non brillò. La Lubich, con la complicità del Luce, riuscì a vendere "Lo sguardo di Michelangelo" alla Warner per farlo concorrere agli Oscar. Durante una serata chic all'Auditorium di Roma, prima della proiezione, i produttori invitarono la stampa italiana a lanciare una campagna di promozione per far in modo che il documentario fosse portato in trionfo alla notte degli Oscar. La stampa italiana, con codazzo di politici e sindaci cinefili, guardò con ostentato rispetto il documentario, si scaraventò sul buffet, si mise in fila per stringere la mano al maestro e, poi, semplicemente, si scordò della sua esistenza. Poche righe frettolose e poi l'oblio.

Nessun commento: